Eccovi il nuovo capitolo:
2° PARTE
NEO-TOKYO 3-IL GIORNO DOPO La stanza era immersa in una semioscurità, solo alcuni fili di luce filtravano dalle tende. Asuka stava sdraiata a pancia sotto sul suo letto . Aveva un’espressione del tutto indecifrabile. “Perché?”, chiedeva a se stessa. “Perché Michael? Ora che finalmente…” Non completò la frase, perché sapeva che non c’era spiegazione a quello che era successo. Va sempre così, perdi qualcuno e se chiedi il motivo ti rispondono che sarà stato il destino. Era incredibile però come il destino avesse giocato con lei: prima le aveva fatto nascere il bisogno di avere un compagno, poi glielo aveva fatto incontrare. Ma il suo compagno era il pilota di un’organizzazione nemica della Nerv, che per salvare lei, i suoi amici, la sua città, aveva deciso di suicidarsi. E ora era di nuovo sola, quell’esplosione non aveva lasciato traccia di Michael, non c'erano stati cadaveri da seppellire, neanche una lapide commemorativa, avrebbero potuto fargliela perché Asuka, interrogata dagli uomini della Nerv, aveva rivelato il nome del ragazzo e tutto quello che gli aveva detto prima di morire, ma per motivi di sicurezza si era ritenuto che fosse meglio tenere nascosta il più possibile la vicenda. Quindi la ragazza non aveva nemmeno una tomba su cui piangere. Ma Asuka aveva pianto poco, quasi niente. Neanche lei sapeva se il suo non piangere era dovuto all’orgoglio oppure al fatto che si sentiva così svuotata da non averne più la forza. Adesso non sapeva più cosa fare, non aveva più aspirazioni per il futuro, aveva conosciuto il vero amore, e questo le aveva fatto capire quanto avesse sbagliato fino a quel momento, come avesse inseguito sogni che sembravano importantissimi, e invece erano sciocchezze. “Se avessimo avuto più tempo, Michael, ci siamo visti solo tre volte, non ho neanche una tua foto. Quante cose avrei voluto dirti ancora…” I suoi pensieri furono interrotti da un leggero bussare: “Asuka. Posso entrare?” Era la voce di Shinji. In altre occasioni Asuka lo avrebbe apostrofato in malo modo, ma in quel momento non le importava più niente di niente. Rispose di sì con un tono incolore. Shinji entrò, cercando di fare meno rumore possibile, e le andò vicino. “Asuka, come ti senti?” Lei non rispose, con lo sguardo sembrava altrove. “Asuka, perché non vuoi parlarmi?” Niente. “Asuka, ti scongiuro, dimmi qualcosa, non fare così”. Ancora niente. “Senti Asuka, la signorina Misato mi ha detto tutto. Non arrabbiarti, lo ha fatto per il tuo bene”. Asuka alzò lo sguardo su di lui ma ancora non parlava. “Ascoltami Asuka, io… ecco io…”, Shinji esitava perché temeva di dirle involontariamente qualcosa di spiacevole, “io so come ti senti, davvero. Anche se io finora non ho amato nessuno, so cosa significa perdere qualcuno, e so che adesso ti senti svuotata. Io pure, prima di arrivare in questa città, mi sentivo così. Ero come in una buca, una buca profonda, e guardavo in alto, nella speranza che arrivasse qualcuno a tendermi la mano per farmi uscire. Quel qualcuno per me è stato la signorina Misato, lei mi ha teso la mano, e ha cominciato a farmi uscire. Ma dopo sono arrivati anche Toji, Kensuke, Ayanami e… e tu , Asuka. Anche voi mi avete aiutato, e adesso, anche se in verità non posso proprio definirmi una persona felicissima, non mi sento più vuoto. Ora ho qualcosa in cui credere, ed è solo l’inizio. In me è nata la speranza di poter percorrere tutte le strade. E questo lo devo a voi”. Asuka lo fissava in silenzio. “Perciò Asuka, ti prego, permettimi di ricambiare l’aiuto che mi hai dato. Permettimi di tenderti la mano, e di aiutarti a uscire dalla buca in cui sei caduta adesso”. Shinji le tese la mano. Passarono dei momenti che sembravano interminabili, i due si fissarono in silenzio. Dopo un po’ Shinji ritirò la mano, e con espressione afflitta si avviò verso la porta. “Forse”, riprese voltandosi verso la ragazza, “forse ho esagerato. Non vuoi il mio aiuto perché ritieni che io non possa fare niente per te, vero?” Shinji fece un sorriso dispiaciuto: “Hai ragione. Io sono solo uno stupido. Come posso sperare di poterti aiutare?” Detto questo, se ne andò. Asuka, in silenzio, si avvicinò alla finestra e scrutò fuori restando dietro la tenda. Sussurrò: “Ti sbagli Shinji, ho solo capito che sono io la stupida. Il tuo aiuto… non lo merito”.
QUARTIER GENERALE DELLA NERV-QUATTRO GIORNI DOPO I tre nuovi piloti erano in arrivo in una sala riunioni della base, dove ad attenderli c’erano Misato, Ritsuko, Rei e Shinji. Il ragazzo era stato avvertito all’ultimo, e rimase sorpreso che avessero trovato ben tre ragazzi per pilotare gli Eva. Non se la sentiva di lasciare Asuka sola a casa , ma sapeva che la ragazza era in grado di badare a se stessa, e poi anche se fosse rimasto lì, non sarebbe cambiato niente. Naturalmente le aveva chiesto se voleva venire, ma lei aveva risposto con un nuovo silenzio. Rei invece non sembrava per niente emozionata all’idea di conoscere dei nuovi colleghi. Tuttavia il comandante Ikari, prima dell’incontro, l’aveva messa in guardia contro Tang-Po. Shinji invece non aveva ricevuto simili raccomandazioni. Comunque Misato gli disse di restare sempre dietro di lei, lui non capì il motivo ma si adeguò. Quando la porta si aprì, i tre ragazzi entrarono. Si disposero davanti a loro e Misato parlò per prima: “Allora ragazzi, benvenuti. E’ arrivato il momento delle presentazioni”. Misato si avvicinò al primo ragazzo a destra e cominciò: “Io sono il maggiore Misato Katsuragi, responsabile delle strategie belliche, e sono il vostro superiore. Il ragazzo davanti a voi è Shinji Ikari, pilota dell’Eva-o1, la ragazza è Rei Ayanami, pilota dell’Eva-00, mentre la donna col camice è la dottoressa Ritsuko Akagi, responsabile del reparto tecnologico”. Shinji e Ritsuko sorrisero e dissero: “Piacere di conoscervi”. Anche Rei lo disse, ma senza cambiare espressione. Continuò Misato: “I nuovi piloti sono Giovanni Conti, primo da destra, pilota l’Eva-00 Alpha, quello al centro è Jean-Luc Mont, pilota dell’Eva-00 Beta, e infine l’ultimo è Tang-Po, pilota dell’unità 00 Gamma”. Giovanni sorrise: “Onoratissimo di conoscervi”, disse in un giapponese corretto, anche se con un accento che risentiva della sua origine italiana. Era vestito completamente di nero: scarpe nere, pantalone nero, maglietta nera, cappotto in pelle nera e occhiali neri. Poteva risultare un pò inquietante, ma aveva una faccia simpatica. Jean-Luc Mont era vestito in maniera molto elegante, con pantalone grigio, maglietta nera e giacca grigia. Tutte rigorosamente di marca. Anche lui sorrise e disse: “Sono très heureux di fare la vostra conoscenza”. Dal suo aspetto si capiva che era una persona alquanto raffinata, c’era un che di aristocratico nel suo modo di fare. Tang-Po era l’esatto contrario, vestito in maniera trasandata, con una maglietta bianca molto stropicciata e un pantalone pieno di buchi, masticava della gomma e con un mezzo grugnito disse: “Piacere” o qualcosa di simile. Aveva tutta l’aria di volersi trovare altrove in quel momento, anche se il suo sguardo si spostava ogni tanto su Rei, Misato e Ritsuko. E da quello sguardo era possibile intuire che stesse immaginando cose non proprio pulite. “Bene, adesso se volete vi faccio vedere la base”, riprese Misato. “Va bene”, risposero Giovanni e Jean-Luc. Tang-Po non disse niente, ma il suo sguardo si era fissato su Rei. La trovava davvero niente male, era rimasto sorpreso, perché di solito le donne che lavorano nelle organizzazioni militari sono bruttissime. Invece qui aveva trovato tre ragazze bellissime: Misato e Ritsuko erano troppo grandi per lui, ma questa Rei aveva l’età giusta. E certo la trovava più interessante delle noiose spiegazioni tecniche, con relativa passeggiata, del maggiore. Finito il giro della base, Ritsuko si congedò, Misato invece voleva rimanere con i ragazzi, ufficialmente per conoscere meglio i nuovi arrivati, in realtà voleva tenere sotto controllo Tang-Po. La donna aveva notato il modo in cui aveva guardato lei, Ritsuko e adesso Rei, e si era spaventata, perché sguardi del genere era abituata a vederli su persone adulte, non su un ragazzo di quattordici anni. Dentro l’ascensore che li conduceva alla sala ristorante la donna chiese: “Allora, cosa ve ne sembra ragazzi?” Giovanni fu il primo a rispondere: “E’ stato un bel giro ”. Jean-Luc aggiunse: “Ambiente molto interessante ”. Tang-Po, invece, se ne uscì con un: “Come possono aver cacciato un mucchio di soldi per una stronzata simile?”, pronunciato con tono aspro e convinto. Scese il silenzio nell’ascensore e Misato fissò seriamente il thailandese. Giovanni gli replicò: “Ehi, come puoi dire una cosa simile? Queste attrezzature servono alla difesa dell’umanità”. Tang-Po lo guardò in maniera sprezzante: “Oh scusa santarellino, ti ho forse offeso?” “Hai qualche problema?”. “Io no, ma c’è l’avete tu e questi pezzi di merda. Vi mettete a fare gli altruisti, a proteggere un paio di finocchi, in cambio di che cosa? Cosa credete? Che a quelli che hanno costruito questa base gliene freghi qualcosa dell’umanità? Lo hanno fatto solo per salvarsi il culo, niente di più”.
Tang-Po guardò Shinji che se ne stava in un angolino, si avvicinò e gli disse: “Tu, non hai niente da dire?” “I-io…” Shinji cominciò a tremare, Tang-Po lo spaventava. “Niente eh? Scommetto che sei un frocetto vero? Quelli come te li riconosco a fiuto”. Shinji cercò di guardarlo in faccia, si era da un lato offeso perché era stato apostrofato in quel modo, e dall’altro spaventato a causa di questo ragazzo che non mostrava il minimo rispetto per gli altri. Misato intervenne: “Adesso stai veramente esagerando. Perché non te la vedi con un adulto?” Gli mise una mano sulla spalla, ma Tang-Po se la scrollò di dosso violentemente e urlò: “Non toccarmi, puttana!”. Il maggiore stava per rifilargli un paio di schiaffi, ma intervenne Giovanni, il quale aveva imparato a conoscere Tang-Po e sapeva che ormai era sul punto di scoppiare. L’unica cosa che poteva fare era cercare di attirare su di sè la sua attenzione in modo che non se la prendesse con gli altri. Con tono insieme ironico e di sfida chiese al thailandese: “Gli hai chiesto se è omosessuale perché cerchi qualcuno che ti si faccia?” In quel momento le porte dell’ascensore si aprirono, Tang-Po si avventò contro Giovanni, lo stese per terra, gli operatori li attorno si voltarono a guardare stupiti quella scena. Misato, Shinji, Rei e Jean-Luc uscirono dall’ascensore, cercavano di dividerli, ma era difficile avvicinarsi a quei due senza essere colpiti. Tang-Po sbatté Giovanni contro il muro, l'altro provò a colpirlo con un pugno, ma Tang-Po lo bloccò con il braccio sinistro, e lo colpì al collo col taglio della mano destra. Poi gli diede due calci al petto, ma Giovanni velocissimo si abbassò e prima lo colpì al fianco con una raffica di pugni del braccio sinistro , e poi gli diede un secondo colpo al viso, che prese in pieno l’osso a giudicare dal rumore che fece. Tang-Po cadde a terra, la rissa sembrava finita, ma sarebbe finita comunque, visto che arrivarono le guardie e li separarono.
“Non ci posso credere. Ti rendi conto che quel ragazzino mi ha dato della puttana?! E ha pure offeso Shinji!” Misato si stava lamentando nel suo ufficio con Ritsuko, Rei e Shinji erano tornati alle loro case, Giovanni era in infermeria, niente di grave, solo un grosso livido sul collo, Jean-Luc lo aspettava. Tang-Po invece era stato chiuso in cella di isolamento, non solo per quella rissa, ma anche perché aveva preso a calci le guardie che cercavano di trattenerlo, e ad una di esse aveva rifilato un calcio in bocca facendogli saltare un dente. “E’ veramente una cosa grave, in verità me l’aspettavo, ma non già il primo giorno”, commentò Ritsuko. “E voi avete intenzione di mettere quel tipo alla guida di un Evangelion? Rischia di fare più danni lui che gli Angeli!” “Di questo non preoccuparti, se dovesse dare di matto mentre è a bordo di un Eva, basterà disconnetterlo”. “Sono comunque preoccupata. E’ una mina pronta a esplodere. E poi non hai notato in che modo ha guardato me, te e soprattutto Rei? Io quello sguardo l’ho visto solo sui volti dei maiali. Chissà che porcherie si stava immaginando!” “L’ho notato anche io, ma forse i suoi pensieri non erano così cattivi”, disse la dottoressa con tono non troppo convinto. “Lascia perdere. Io li conosco i tipi come lui. Per uomini del genere la donna in quanto essere umano non esiste, è solo un oggetto per fare sesso”. “Mi sa che hai ragione, comunque il comandante Ikari ha detto di volerlo vedere. Credo che gli darà una bella strigliata”. “Stavolta dubito che il comandante potrà avvalersi della sua autorità”. “Non lo conosci bene”, concluse Ritsuko con un sorriso malizioso.
Shinji e Rei stavano tornando ai loro condomini, e per un breve tratto le loro strade coincidevano. “Che tipo quel Tang-Po. Mi ha messo paura. E poi come si è permesso di chiamarmi in quel modo?” “Esistono diversi tipi di uomini, e cercare di dividerli in buoni e cattivi è un concetto elementare creato dall’uomo. Nessuna persona ha solo lati negativi, così come non ne ha di soli positivi. Per questo può anche capitare che una persona, diciamo cattiva, capiti al servizio dei buoni”, disse Rei. “E’ questo il nostro caso?” “Sì”. Shinji fissò Rei: “Però avere una persona, diciamo cattiva, tra i buoni, finirà per ostacolare il lavoro dei buoni”. “Tang-Po è un tipo difficile, ma in lui vedo più amarezza e disillusione che malvagità. Non voglio certo giustificarlo, ma più che da odiare è da compatire. E così vuoto… privo di valori… come…” “Ayanami”, disse Shinji con voce preoccupata e fermandosi, “non lo starai mica paragonando a te!?” “No, io non sono così vuota, o almeno mi piace pensarlo”. “Non è solo un tuo pensiero, è la realtà. Tu non sei vuota”. “Crederlo è bello, ma quando mi guardo allo specchio, è questa l’impressione che ho di me stessa”. “Non dire così, Ayanami, tu sei una ragazza dolcissima, e sei molto più umana di tante persone che sembrano esserlo, ma in realtà non lo sono affatto”. “Ikari, io…” disse Rei, che all’improvviso si avviò di corsa verso il suo appartamento. Shinji rimase a guardarla, e solo quando sparì in un vicolo si rese conto di cosa le aveva detto e arrossì, per poi riprendere il cammino verso casa. Adesso doveva pensare ad Asuka. Camminando non si accorse che un furgone nero lo seguiva da una distanza di circa sessanta metri. Dentro c’erano degli uomini in completo nero che parlavano tra loro: “Abbiamo perso una buona occasione”. “Col cavolo, in questo momento c’erano solo gli obbiettivi A e C. Mancava B. Finché non verranno tutti e tre, non potremo muoverci”.
Rei entrò velocemente nel suo appartamento, e sbatté la porta dietro di sé. Aveva il fiatone, ma non era dovuto tanto alla corsa, ma a quello che le aveva detto Shinji. Le aveva detto che lei era una ragazza dolcissima, molto più umana di tanti altri. Nessuno le aveva mai detto una cosa simile. Si sentiva una strana sensazione dentro. E poi perché era scappata? Forse Ikari c’era rimasto male. Sarebbe voluta tornare indietro da lui, ma la sua mente era occupata da quella strana sensazione che avvertiva. Cosa poteva essere? Forse la felicità per quelle parole a lei rivolte per la prima volta? Chissà. Rei non sapeva cosa fosse la felicità. D’improvviso avvertì una presenza. Non sapeva come perché nella stanza nulla si era mosso e non c’erano stati rumori. Però sentiva che c’era qualcosa. Con fare prudente si avvicinò al bagno, vi entrò e non c’era nessuno. Andò più avanti, verso il letto, si guardò intorno. Niente. Restava la cucina, ma anche lì non c’era nulla. Non c’era niente di strano nel suo appartamento, e anche quella sensazione era sparita. Ma Rei era sicurissima di aver avvertito la presenza di qualcuno, o di qualcosa. Dopo un pò si stese sul letto e provò ad addormentarsi. Ma le rimase un senso di inquietudine.
Shinji rientrò a casa. “Asuka, sono tornato”, annunciò Silenzio. Quel silenzio rattristò Shinji. Asuka si era chiusa in se stessa e ancora non riusciva a riprendersi. Si pentì di averla lasciata sola. Andò verso la camera della ragazza, aprì leggermente la porta, ma il letto era vuoto. “Dove sarà andata?”, si chiese. All’improvviso sentì un rumore che proveniva dal bagno, sembrava acqua che scorreva. Shinji si avvicinò cautamente e bussò: “Asuka, sei tu?” “ Sì”, rispose la ragazza. “Cosa stai facendo?” Dopo qualche attimo di silenzio, la ragazza chiese: “Shinji, potresti entrare?” “S-sì”. Il ragazzo non capiva il perché ma entrò. Ma quello che vide gli fece prendere un colpo: davanti a lui, girata verso la vasca da bagno che si stava riempendo d’acqua, c’era Asuka completamente nuda. I suoi vestiti erano buttati in un angolo. Shinji divenne rosso come un peperone, balbettò: “S-s-scusami”, e stava per andarsene di corsa. “Aspetta. Perché ti scusi? Sono io che ti ho chiesto di entrare”. Shinji si fermò, ma le dava comunque le spalle. “Shinji, voglio che mi guardi”. “Eeehhhh!?” “Sì, girati e guardami”. “M-ma cosa stai dicendo Asuka? S-se vuoi che parliamo, metti i vestiti e…” “No! Devi guardarmi così!” Asuka lo prese per un braccio e lo girò. Shinji davanti a un simile spettacolo divenne ancora più rosso e si sentì il cuore come un tamburo. “A-Asuka, cosa vuoi fare?” “Voglio che tu sia sincero: guardandomi, cosa vedi?” “Ma c-che…” “Cosa vedi?” Shinji deglutì e disse: “E-ecco io, io… io… vedo… una b-b-bella ragazza, e…” “E’ questo il problema. Tu vedi in me una bella ragazza, ma questa è solo esteriorità, in realtà io dentro sono marcia, sono guasta”. Shinji rimase in silenzio e si sforzò di ascoltare cercando di non guardare il corpo della ragazza. “Sono solo una stupida Shinji, per tutta la vita ho inseguito solo illusioni, la mia esistenza è una falsità. Pensavo di avere tutto, invece non ho niente. Credevo di avere tutte le risposte e invece non sapevo neanche le domande. Perciò, basta!” “C-cosa vuoi dire con basta?” “Ho deciso di smetterla Shinji. Ho deciso di uscire dal mondo dei sogni, e di affrontare la realtà. Basta con i sogni a occhi aperti. Il mio unico scopo nella vita finora è stato pilotare nel miglior modo possibile l’Eva-02, ma adesso non mi importa più. Lascio la Nerv!” Shinji rimase di sasso, se da un lato era contento che la sua amica avesse finalmente reagito, dall’altro il pensiero di perderla fu per lui un colpo al cuore. “C-cosa intendi dire? Asuka…” “Ho intenzione di ritornare in Germania, e di ricominciare tutto d’accapo. Il tuo aiuto non mi serve Shinji, per il fatto che l’Asuka che volevi aiutare non c’è più. Ti ringrazio, davvero, ma questa è una sfida con me stessa”. Shinji avrebbe voluto rispondergli, ma non riuscì a trovare parole. Con lo sguardo basso, in silenzio, il ragazzo andò in camera sua. Si stese sul letto, e cominciò a piangere, in silenzio.
Intanto, fuori dal palazzo, il furgone nero che aveva seguito Shinji, era fermo nel parcheggio sottostante. Gli uomini dentro di esso, con un microfono direzionale, avevano ascoltato la conversazione tra i due ragazzi. “Accidenti, a quanto pare B vuole andarsene”. “Dovremo accelerare i tempi”.
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