Rebuild of Evangelion

Posts written by Kiram

view post Posted: 26/8/2013, 23:09 Rewriting of Evangelion - Requiem - Eva Fan Fiction
Scommetto che ancora una volta non ci speravate più, e invece ecco il nuovo (e ultimo) capitolo. :gendo:

9° Capitolo
In quel momento, Kozo Fuyutsuki si sentiva vecchio, molto vecchio.
Aveva sempre avuto una salute di ferro, era abituato a lavorare per lungo tempo, la sua età non era certo eccessiva e quindi era sempre riuscito a stare al passo con i membri più giovani della Nerv.
Eppure in quel momento aveva l’impressione, e l’espressione, di un vecchietto ormai rassegnato all’approssimarsi della fine.
Quante cose erano accadute in quei giorni, eventi imprevisti e sconvolgenti, che avevano dimostrato sempre di più come il loro credere di avere il destino in mano fosse in realtà solo un’illusione.
Eppure c’era ancora chi non voleva arrendersi all’evidenza, almeno non del tutto.
Questo s’intuiva dalla lettera che Gendo Ikari gli aveva scritto e che Kozo aveva trovato in un cassetto della scrivania del comandante.
Era chiusa in una busta con scritto: ‘Fuyutsuki, leggila dopo il fatto’, e non potevano esserci dubbi su quale fosse il riferimento.
Nella lettera Gendo aveva rivelato il suo ruolo di mandante dell’omicidio di Asuka Soryu Langley, sostenendo di averlo fatto per consentire a Shinji di raggiungere lo stadio necessario a usare l’Eva-01 durante l’ultima battaglia.
L’attentato era stato organizzato in modo che Katsuragi notasse una discrepanza sulla quale avrebbe poi sicuramente indagato, ed era stato installato un allarme informatico che lo avrebbe avvisato quando qualcuno accedeva alla scheda di Kawasaki.
Per ultimo aveva ordinato alle guardie di andarsene, per richiamarle solo se a presentarsi fosse stata un’infuriata Katsuragi senza Shinji.
Come ultime indicazioni, Ikari stabiliva che il ruolo di comandante sarebbe passato a Kozo, il loro piano doveva proseguire senza cambiamenti e Shinji doveva essere lasciato libero, insieme ad altre persone eventualmente coinvolte.
“Dunque si tratta del maggiore Katsuragi”, rifletté tra sé e sé l’uomo. “Certamente la Seele non avrà da ridire sul passaggio di consegne, a loro serve qualcuno fedele e che conosca la verità. Anzi, saranno pure contenti, perché mi ritengono più affidabile di Ikari, meno portato per l’inganno e il complotto. Eppure…”
Possibile che Gendo si fosse davvero spinto a tanto?
Sapeva benissimo che quell’uomo era pronto a tutto pur di raggiungere il suo scopo, tuttavia, conoscendo cosa lo muoveva nel profondo, aveva sempre sperato che non fosse in grado di andare veramente troppo oltre.
Invece, prima era arrivata la faccenda del Fourth Children, poi l’omicidio del Second Children.
Infine aveva pensato di trasformare suo figlio in un assassino.
Il proprio assassino.
“Ikari, il tuo desiderio è diventato un’ossessione fino a questo punto? Ma perché?”

“Quali sono le sue condizioni?”, domandò Misato a Ritsuko Akagi quando uscì dal reparto ospedaliero.
Prima che la porta automatica si richiudesse, il maggiore intravide il gruppo di soldati della Nerv che pattugliavano il corridoio successivo metro per metro, e quando l’ingresso fu chiuso altri due soldati si piazzarono ai suoi lati.
“L’operazione è stata lunga e difficile. Ha perso molto, molto sangue, e ora è in coma farmacologico. Se supera le prossime due giornate, se la caverà. Quasi sicuramente”, rispose la scienziata con distacco.
“Coma farmacologico... e questa quella che chiamano giustizia poetica?”, disse rivolta più a se stessa che a Ritsuko.
“Vuoi chiedermi altro?”, domandò quest’ultima.
Dopo qualche attimo di silenzio, Misato si appoggiò di schiena alla parete e abbassò lo sguardo:“Tu conoscevi la verità sulla morte di Asuka?”
Ritsuko si accese una sigaretta. “Risponderti sarebbe inutile”.
“Perché?”
“Perché ormai non ti fidi più di me, quindi sospetteresti in ogni caso. Se dico che lo sapevo, penserai: ‘come immaginavo’. Se dico che era all’oscuro di tutto, allora il tuo pensiero sarà: ‘figurati. Chi ti crede ormai?’. Ho forse torto?”
“In effetti… no”.
“Bene. Ora ho io una domanda per te. Come sta Shinji?”
“L’hanno portato in una cella. Prima sono passata a trovarlo, e mi ha cacciato via. Non vuole vedere nessuno”.
“Capisco”, terminò la dottoressa andandosene.
Misato strinse i pugni: come aveva fatto a essere così stupida?
Lei aveva notato la stranezza del comportamento di Shinji dopo la morte di Asuka.
Come aveva fatto a non capire che Shinji stava solo trattenendo la sua rabbia in attesa di trovare un bersaglio su cui sfogarla?
Il ragazzo doveva aver intuito, come lei, che qualcosa non quadrava, o forse si era accorto dei suoi dubbi.
L’aveva spiata, al momento opportuno aveva agito, e lei non si era accorta di nulla.
Nulla!
Il suo cellulare squillò, Misato rispose di malavoglia.
Ma la notizia che le riferì Hyuga riuscì a meravigliarla.
“Come? Così presto?!”

Shinji se ne stava rannicchiato nella sua cella.
Misato era andata a trovarlo, ma non gli importava.
Così come non gli importava cosa fosse successo nel periodo in cui era svenuto e si era poi risvegliato in quella cella.
Non gli importava più di nulla.
La porta si aprì e una luce accecante entrò insieme con una persona.
“Shinji Ikari!”, esclamò la dura voce di un uomo. “Il nuovo comandante ha ordinato di liberarti”.
“Non m’importa”, rispose Shinji restando immobile.
L’uomo fece un cenno a qualcuno e due agenti della sicurezza entrarono, lo sollevarono di peso per le braccia e lo condussero fuori.
Come un sacco lo portarono fino ad uno degli ingressi del Geo-Front: “Il maggiore Katsuragi verrà a prenderti tra poco”, gli dissero i tre uomini della Nerv, che gli restituirono il tesserino d’accesso e se ne andarono.
Esattamente quello che voleva lui, essere lasciato solo, e poiché Misato stava arrivando, avrebbe fatto bene ad andarsene da lì.
Avanzò verso la porta chiusa e infilò il tesserino, ma la lastra metallica non si aprì.
“Dannazione! Perché?”, esclamò infastidito facendo passare più volte la tessera nella fessura.
“Perché la stai tenendo al contrario”.
Shinji sobbalzò: dietro di lui era apparso un ragazzo dai capelli grigi e con gli occhi rossi, che indossava la divisa della sua scuola media.
Sull’espressione del misterioso ragazzo era disegnato un sorriso che esprimeva dolcezza e decisione.
“Chi sei tu?”, domandò sospettoso Shinji.
L’altro, con assoluta naturalezza, gli prese il tesserino e lo infilò nella fessura facendo aprire la porta.
“Sono Kaworu Nagisa, per servirti”.

Misato giunse davanti all’ingresso del Geo-Front, trovandolo deserto.
Dov’era finito Shinji?
Fece per chiamarlo al cellulare quando scorse un’ombra dietro di lei.
“Rei?!”
La ragazza era apparsa come dal nulla e fissava con occhi freddi Misato.
“Se cerca Shinji, è andato via con un ragazzo che non conosco”.
“Un ragazzo?”
Misato frugò nelle tasche e tirò fuori una foto, facendogliela vedere.
“Sì, è lui”, confermò Ayanami.
Dunque Shinji era andato via con Kaworu Nagisa, il Sixth Children, appena giunto per sostituire Asuka e mandato non dall’Istituto Marduk, ma direttamente dalla commissione.
Così le aveva detto Fuyutsuki, appena diventato il nuovo comandante della Nerv, quando Misato aveva chiesto di incontrarlo per saperne di più su quell’arrivo troppo tempestivo. Era stato sempre il nuovo comandante a darle la foto.
Tuttavia sapere con chi stava Shinji non la calmava per nulla.
“Maggiore Katsuragi, è vero che il comandante Ikari ha organizzato la morte del Second Children?”
Misato rimase di sasso.
“Rei… come…”.
“Mi risponda!”, insisté Rei con voce sorprendentemente autoritaria.
Colta di sorpresa, la donna bofonchiò un sì.
Rei le diede le spalle e corse via.
“Insomma, cosa sta succedendo qui?”, domandò a se stessa il maggiore.

Shinji camminava lungo un marciapiede e Kaworu lo seguiva.
Erano appena giunti fuori dal Geo-Front e ora si trovavano su una stradina periferica, fiancheggiata da un bosco e da un laghetto.
“E’ proprio bello il panorama qui”, disse Kaworu osservando quello specchio d’acqua. “Boschi e laghi se ne trovano tantissimi sulla superficie di questo pianeta. Eppure, pur essendo in sostanza la stessa cosa, sono tutti diversissimi tra di loro, e lo stesso vale per le montagne, le valli, tutto ciò che esiste in natura. E’ veramente magnifico”.
Shinji non rispose nulla.
“Probabilmente tu e quelli come te non sempre riuscite ad apprezzare appieno tale bellezza, perché l’avete sempre davanti agli occhi. Ma è un vero peccato. Solo perché si conosce già, non ci si dovrebbe dimenticare del valore di ogni singola cosa”.
Shinji rimase sempre muto.
“Anche perché se succede con una cosa sola, poi c’è il rischio che questa cecità si estenda a tutto il resto”.
Sempre nessuna risposta.
Kaworu non sembrò prendersela, anzi, con espressione divertita si strinse tra le spalle.
“Sai”, continuò imperterrito, “io so bene chi sei. Ti ho osservato per molto tempo. Tu sei il famoso Shinji Ikari, il Third Children, pilota dell’Eva-01. Sappi che ti ritengo una persona davvero ammirevole. Sei riuscito ad andare avanti nonostante tante terribili tragedie”.
Shinji cominciò a sentire il suo stomaco che si chiudeva, ed ebbe anche una sensazione di déjà vu.
“Ma almeno il signor Kaji mi conosce ed è una brava persona. Mentre questo chi diavolo è?!”
Kaworu sembrò volerlo incalzare: “Non solo per tutte le battaglie che hai vinto sull’Eva. Ma anche per il tuo passato: la morte di tua madre, il rapporto con tuo padre, la vicenda di Kirishima Mana. Senza contare quello che è successo ad Asuka…”
“Stai a sentire tu!” gridò Shinji voltandosi di scatto.
Si sentiva il sangue ribollire: perché quello sconosciuto gli stava addosso? E come faceva a sapere del suo passato, anche recente?
Kaworu era però sparito.
“Uh? Dov’è?”
“Qui”, rispose Kaworu dietro di lui.
Shinji sobbalzò e nella fretta di girarsi perse l’equilibrio, Kaworu lo prese saldamente per un braccio e lo fece restare in piedi.
“Scusa, non volevo spaventarti, e solo che voi Lilin, quando siete preda di forti sentimenti, avete bisogno di qualcosa di particolare per concentrarvi su altro. Penso di averti abbastanza impressionato, anche inquietato, giusto? Quindi ora puoi ascoltarmi”.
Shinji non sapeva cosa dire o fare: da un lato c’era la forte la tentazione di mandare quel tizio al diavolo.
Però in effetti una parte di lui era incuriosita e pure impensierita da quello che aveva appena visto: era sicuro che Nagisa non si fosse semplicemente spostato a grande velocità, ma che fosse letteralmente svanito per poi riapparire alle sue spalle.
“Andiamo in riva al lago”, propose Kaworu, e con un agile balzo scavalcò il guardrail ed entrò nel bosco.
“Dannazione!”, esclamò Shinji andandogli dietro dopo qualche momento di esitazione.
Ci misero poco a raggiungere il lago, e Kaworu inspirò profondamente quell’aria.
“Magnifico, confermo quello che ho detto. La natura di questo pianeta è davvero splendida”.
“E allora? Cosa vuoi da me?”, domandò Shinji.
“Oh no. Non si tratta di quello che voglio io. Ma di quello che vuoi tu”.
“Io?”
“Sì. Vorrei sapere dove stavi andando prima. A casa tua?”.
“…no…”
“E dove allora?”
“Senti, ma si può sapere perché sto parlando con te?! Non ti conosco! Sei un tipo strano, e proprio per questo dovrei starti lontano!”, esclamò Shinji.
“Te l’ho detto. Io ti conosco. Ora tu conosci te stesso, chiarisci che cosa vuoi”.
“E che cosa dovrei volere?”
“Questo lo sai solo tu”.
Shinji, sentendosi preso in giro, si fece avanti e lo agguantò con entrambe le mani per il bavero della camicia.
“Smettila di giocare con me! Devi smetterla!”
“Altrimenti che fai?”, replicò Kaworu ancora sorridendo. “Mi uccidi come hai cercato di fare con Kirishima e con tuo padre?”
Shinji lasciò la presa come se avesse preso la scossa.
“Insomma, tu chi sei?”
“Quello che sa tutto di te”.
“Basta!”, tuonò Shinji. “Basta prendermi in giro! In questo strafottuto mondo non c’è nessuno che parli chiaramente! Giocate tutti a fare i misteriosi! Vi odio tutti! TUTTI!”
Kaworu non si lasciò impressionare ma si fece serio. “E perché ci odi?”
“Ma come perché?! Tu che dici di sapere tutto, proprio tu me lo chiedi? Cosa… Cosa mi ha dato il mondo? Da quando ho ricordi chiari, mi ha dato solo sofferenza! Mia madre è morta, quell’aborto che dovrei considerare mio padre mi ha abbandonato e sono stato affidato ad un tutore che si limitava a darmi da mangiare e a mandarmi a scuola. Poi quella bestia di genitore mi ha chiamato per farmi salire su un coso gigantesco e combattere un mostro! E quante volte si è ripetuta questa storia! Quante volte ho rischiato la vita e messo in pericolo gli altri! Tante! Troppe! E quando finalmente, dopo aver rischiato di diventare un assassino e aver scoperto quanto posso essere abietto, trovo l’amore, cosa fa il mondo? Me lo toglie! Me lo fa morire davanti agli occhi! Ed è stato il mio cosiddetto genitore a organizzare tutto! In dieci anni ho sofferto quanto soffre una persona normale in tutta la sua vita!”
Shinji cadde in ginocchio e cominciò a prendere a pugni il terreno.
“Perché… Perchè devo soffrire così tanto?! Cosa ho fatto di male!? Io voglio solo essere felice! Un’esistenza senza dolore è impossibile, lo so, ma perché non posso essere anche felice?! E’ una colpa?!”
“Non lo è”, rispose calmo Kaworu.
“Ma per questo lurido mondo lo è! Ed io lo odio, questo dannato mondo! Lo odio! Che sparisca! Sparisca per sempre!”
Le ultime frasi furono pronunciate con un sibilo quasi inquietante: “Mi ha dato solo sofferenza, lo ripagherò con la stessa moneta!”
Shinji abbassò il capo e si strinse tra le braccia, le nocche delle mani gli sanguinavano.
Kaworu avanzò e si chinò su di lui, gli mise una mano su una spalla e con l’altra gli sollevò la testa, guardandolo negli occhi.
“Ora stai piangendo”.
“Certo che piango”, rispose Shinji con un filo di voce e due sottili lacrime che gli rigavano le guance.
“Hai detto che odi tutti”.
“Sì”.
“E odi anche Misato Katsuragi? Rei Ayanami? Toji Suzuhara? Kensuke Aida? Kirishima Mana?”
Silenzio.
“Se davvero odi tutti, allora dovresti uccidere anche loro”.
Ancora silenzio.
“E perché hai pugnalato tuo padre solo una volta?”
Niente.
“Le tue parole di odio sono sincere, terribilmente sincere. Così come sono eloquenti e sinceri i tuoi silenzi. Qualunque cosa ti dica io ora, non ti servirebbe. Le sole parole non servono a nulla davanti ad un dolore simile. Quindi non ti dirò di non chiudere il tuo cuore. Solo…”
Kaworu prese le mani di Shinji tra le sue. “…promettimi che non ne butterai la chiave. A volte i miracoli accadono”.
Il ragazzo si alzò e si diresse verso il Geo-Front.
“Nagisa”, lo richiamò Shinji. “Tu pensi che io sia un essere patetico e incoerente, vero?”
“Oh no”, replicò l'altro facendo l’occhiolino. “Trovo che tu sia un meraviglioso, complesso e autentico esempio di essere umano”.
Poi guardò l’orologio. “Ops, si sta facendo tardi. Confesso che mi sarebbe piaciuto restare più tempo con te, so che sei molto bravo col violoncello. Io invece me la cavo piuttosto bene col violino. Sarebbe stato magnifico suonare insieme qualcosa di Beethoven. Questo mondo ha generato stupendi paesaggi, e il genio dei Lilin ha creato qualcosa di altrettanto stupendo, la musica”.
Kaworu concesse a Shinji un ultimo sorriso. “Pazienza, sarà forse per un’altra vita. Addio, Shinji Ikari”.
Solo quando ormai Kaworu fu fuori dalla sua vista, Shinji si accorse che le ferite alle nocche erano scomparse.

Kozo Fuyutsuki era in piedi davanti all’unità Eva-01, fissata nella propria gabbia.
“E’ strano per me trovarmi qui, davanti a te. Di solito questi momenti avevano per protagonista Ikari. Mio Dio, ma perché è dovuto succedere tutto questo? La realizzazione dei nostri desideri può richiedere un simile prezzo? Ed io, cosa devo pensare di te? Sei ancora tu? Oppure hai trasceso i livelli dell’umano e adesso ci guardi dall’alto in basso, al punto che qualunque cosa ci accade ti è indifferente? O magari Ikari e io per tutti questi anni ci siamo sbagliati e di te non è rimasto più niente, ma solo l’istinto bestiale proprio degli Evangelion?”.
Nessun tipo di risposta arrivò dal gigante viola.
Fuyutsuki sospirò sconsolato. “Ikari vuole che proseguiamo col piano. Ma è pericoloso, Shinji ha conosciuto prima l’amore, poi la rabbia. E’ come voler nuotare in un fiume vorticoso andando controcorrente. Teoricamente non è impossibile, ma per concretizzarlo… Io non riesco ad avere la fiducia che aveva lui, e ti confesso che le sue ultime azioni mi hanno portato persino a dubitare della sua salute mentale. Inoltre, come può proseguire il piano se la Lancia di Longino è ancora al suo posto?”
“Quello non è un problema”, dichiarò Kaworu Nagisa arrivando all’improvviso, quasi fosse comparso dal nulla.
Fuyutsuki sembrò sorpreso, ma non troppo.
“In fondo sei stato inviato proprio dalla Seele”, gli rispose l’anziano uomo. “Immagino che tu riservi molte sorprese”.
“Oh, più di quante lei immagini”, ammise il ragazzo sfoggiando il suo sorriso impeccabile. “Se vuole farmi delle domande, sono a sua disposizione”.
Kozo lo scrutò, trovando qualcosa di familiare nei suoi lineamenti, finché un lampo sembrò squarciargli la mente.
“Tu… Tu sei un angelo?”
“Domanda molto ovvia. Però… sì, sono un angelo. Il nome che mi assegnarono i progenitori di voi Lilin è Tabris”.
Kaworu fece un profondo inchino, Fuyutsuki mosse impercettibilmente un piede all’indietro e si fece coraggio.
“E a rischio di apparire ancora ovvio, perché sei qui?”
“Il motivo originario era proprio quello che sta pensando lei in questo momento.”
“Però?”
“Però sono giunti dei cambiamenti. I miei padri adottivi non se ne sono accorti. Mi hanno mandato qui dicendo che dovevo svolgere la missione in massimo due giorni. Invece la terminerò in un giorno solo”.
“Ah sì?”
Fuyutsuki iniziò a calcolare quanto tempo poteva impiegare un uomo della sua età a raggiungere il pulsante dell’allarme che stava vicino alla porta dietro di lui, ad una ventina di metri.
“Suoni pure l’allarme, se questo la fa sentire più tranquillo. Tuttavia le ricordò che le armi di voi Lilin non possono nulla contro il mio AT-Field”, spiegò con tono amabile Kaworu.
Fuyutsuki non seppe più cosa fare.
“Non si preoccupi. Le ho detto che sono giunti dei cambiamenti, e questi cambiamenti mi hanno spinto ad una comprensione diversa per tempi e per modi. Il giorno del giudizio arriverà, mio caro Fuyutsuki, e ho capito che non spetta a me giudicare i Lilin. Soprattutto Shinji. Vi basti sapere che per molto tempo vi ho osservato, e allo stesso modo siete stati osservati da qualcuno simile a me e insieme diverso. Diverso anche perché non ha la mia compassione, quindi è molto, molto pericoloso”.
“Di chi parli? Ti riferisci agli Adamiti? Ma ci risulta che…”
Kaworu gli fece cenno di tacere. “Ora vada, professor Fuyutsuki. Qui tra poco ci sarà uno spettacolo poco gradevole per occhi delicati”.
“Senza offesa, ma come comandante della Nerv non posso certo lasciare qui, da solo, il 17° Angelo”, ribatté l’altro.
“Caro Fuyutsuki, lei sa che cos’è questo?”
Kaworu da dietro la schiena tirò fuori un oggetto quadrato.
Alcuni fili penzolanti indicavano che era stato strappato dalla sua sistemazione.
Il giovane lo lanciò a Kozo, che lo prese al volo.
Il comandante della Nerv per qualche secondo lo scrutò, poi impallidì: nella base della Nerv c’erano tante serrature di sicurezza elettroniche, ma quel particolare modello, il migliore, era stato posto in un luogo solo.
“Questa… questa è la serratura della porta d’acceso al Terminal Dogma! Vuoi dire che…”
Kaworu annuì. “Esatto. Quello che ho trovato laggiù, ha confermato ulteriormente le mie conclusioni. E’ stata pure una forte tentazione, sa? Ma come si dice, volere è potere. Inoltre mi sono occupato di togliere la lancia. Perciò il vostro piano può proseguire senza problemi. Ora può andare”.
Fuyutsuki, frastornato, lasciò la gabbia senza mai voltarsi.
Kaworu si mise di fronte allo 01.
“Avanti, cancella il mio essere. Prendi ciò che ti manca, quello che è proprio di noi angeli. Solo allora avrai il potere necessario per aiutare tuo figlio ad affrontare l’ultima battaglia”.
Pochi istanti dopo, dalla gabbia arrivò un suono di lamiere divelte, subito seguito da un altro suono particolare.
Molto simile a quello di un morso dato da una bocca gigantesca.


Il sipario fu calato sul palcoscenico.
Venne poi rialzato due volte per permettere agli attori di ricevere gli applausi del pubblico.
Il principe Lamperouge osservò con grande soddisfazione la sua ospite, che aveva gli occhi arrossati dal pianto.
“Milady, lo spettacolo non è stato di suo gradimento?”
“Devo… devo ammettere che la fiducia che riponevo in alcuni personaggi… è stata molto scossa…”
“Capisco. Mi dispiace che vi sia toccata una simile delusione. Però vi prometto che in futuro simili cose non accadranno più, grazie a me. Lucifer”.
La ragazza arrivò sul palchetto. “Mi ha chiamato, principe?”
“Sì, accompagna fuori la nostra stupenda ospite”.
Lucifer prese per mano la nobildonna e gentilmente la portò via dal palchetto.
Affianco al principe apparve dal nulla Asmodeus.
“Hihihihihi! Allora, fratellone, è andata come avevi previsto?”
“Naturalmente. Il tarlo del dubbio già dilaga e una volta compiuta l’ultima azione, sarà totalmente nostra. Domani mattina quelli della Nerv troveranno Rei Ayanami morta misteriosamente. Ammesso che facciano in tempo. Voi piuttosto, è tutto pronto?”
“Siiiii. Gli Eva sono ormai a nostra disposizione. Devi solo dare il via. Speriamo che Mammon si riprenda presto. Sai, è ancora in lutto”.
“Si riprenderà. Noi siamo superiori a queste cose. Ora, se vuoi scusarmi…”
“Prego, prego”, fece Asmodeus scomparendo.
Il principe si mise in piedi e si rivolse agli spettatori sottostanti, che con un unico movimento si girarono verso di lui.
Lamperouge sapeva che in realtà erano solo illusioni da lui create, così come quel teatro.
Tuttavia soddisfacevano il suo gusto per la teatralità.
“Signori e signore, vi ringrazio per la vostra partecipazione. Voi sarete i testimoni dell’alba di un mondo nuovo. Un mondo dove tutte le bassezze dei cosiddetti uomini non esisteranno più! Un mondo più giusto, più saldo, più forte!
Un mondo che sarà guidato da un sovrano assoluto!”
Il principe allargò le braccia, come se volesse abbracciare quella folla.
“Sarà un mondo che obbedirà solo a me!”
Gli spettatori iniziarono ad applaudire e ad acclamarlo a voce alta, perfettamente all’unisono.
“ALL HAIL LELOUCH! ALL HAIL LELOUCH! ALL HAIL LELOUCH!”

Continua…


Ok, adesso si tratta solo di scrivere la quarta parte. :hiii:
view post Posted: 15/8/2013, 22:03 Pacific rim - Movie/Tv Series
Tanto io non sono un paleontologo. :P
view post Posted: 13/8/2013, 21:34 Pacific rim - Movie/Tv Series
Se parli dei dinosauri preistorici, alcuni mi sembra che avessero davvero un secondo cervello più piccolo, per il motivo suddetto. Se ti riferisci ai Kaiju, è un film, quello che conta è lo spettacolo. ;)
view post Posted: 13/8/2013, 14:04 Pacific rim - Movie/Tv Series
I due cervelli dovevano servire per muovere adeguatamente dei corpi così grossi.
view post Posted: 10/8/2013, 13:43 Pacific rim - Movie/Tv Series
Tutte ste storia sono nate dal fatto che sia in Eva che in PR, il gigante è mosso tramite una connessione mentale, ma le modalità sono diverse.
Anche io l'ho visto, trovandolo un giocattolone molto ben fatto. :shii:
view post Posted: 1/8/2013, 14:42 Shin Seiki Evangelion: Ikari Shinji Tantei Nikki - Manga
Ho letto a scrocco il primo numero :D , e ho deciso che non lo prenderò: i disegni sono appena meglio di Iron Maiden, ma non era una cosa difficile. Il problema è che questo titolo non mi ha detto nulla, dall'inizio alla fine linea piatta. E neppure si può sperare in qualche interessante sviluppo narrativo perchè la serie finisce col secondo numero. Mi sa che questo Shinji detective lo salto.
view post Posted: 18/7/2013, 14:19 Rewriting of Evangelion - Requiem - Eva Fan Fiction
Agghiacciante? Bene, lo scopo è stato raggiunto allora. :gendo:
E dovranno ancora succedere alcune cose... :knife:
view post Posted: 16/7/2013, 23:10 Rewriting of Evangelion - Requiem - Eva Fan Fiction
Ammettetelo, non ci speravate più, vero? :shifty: Mi scuso per il ritardo, ma sono stato impegnato in x faccende varie. Ecco comunque a voi il nuovo capitolo:

8° Capitolo
La sala mortuaria era fredda e vuota.
Su un lettino c’era un solo corpo, coperto da un lenzuolo bianco, ma leggermente rosso nel punto sovrastante il ventre.
Misato entrò con passo titubante, si avvicinò al lettino, lentamente mise una mano sulla parte del lenzuolo che copriva il volto di quel cadavere, e con estrema lentezza lo sollevò.
Un singulto di disperazione le scappò dalla bocca.
Rimise a posto il lenzuolo ed uscì a passo svelto.
Ritsuko era affianco alla porta.
“Come… com’è succeso?”, domandò il maggiore.
“Stando a quanto hanno detto gli agenti del servizio di sicurezza, si è trattato di un barbone. Ha agito così in fretta che non sono riusciti a fermarlo. Quando gli hanno sparato era ormai troppo tardi”.
Misato sbatté un pugno contro il muro.
Sembrava che volesse parlare, ma a giudicare dai tremori, la tensione dei muscoli le sigillava la bocca, quindi dovette per qualche attimo tentare di rilassarsi.
“Ti faccio una domanda. Non è una provocazione, devo farlo perché questa è la prassi, Misato, lo sai bene. Non può esserci l’autopsia, giusto?”
“Se ci provi, ti affogo ficcandoti la testa in un water!”
“Quindi no”.
“Non permetterò che subisca profanazioni. Inoltre, non mi sembra ci siano molti dubbi sulla causa della… morte”.
L’ultima parola fu pronunciata a denti stretti, come se fosse un’ammissione strappata con la forza.
“In effetti è così”, riprese la dottoressa. “Intanto ho provveduto a chiamare i genitori di Asuka. La matrigna vuole che i funerali si svolgano in Germania”.
“Che?!”
“Intende seppellirla vicino alla madre”.
“Ah”.
“E Shinji come l’ha presa?”
“Mi aspetta all’uscita. Non è voluto venire qui”.
Concludendo con un “Comprensibile”, Ritsuko se ne andò.
“Voglio vedere il rapporto della sicurezza”, le ordinò per ultimo Misato, prima di avviarsi nella direzione opposta.

Shinji era seduto nell’ufficio di Misato: stava con le gambe aperte, le braccia distese e le mani giunte, il volto basso.
Non sembrò nemmeno accorgersi che la porta dell’ufficio si era aperta.
“Ikari”.
Shinji non rispose ad Ayanami, non reagì nemmeno quando lei si avvicinò, e neppure quando lei lo abbracciò.
“Mi dispiace… veramente!”
Il ragazzo si mise in piedi facendo alzare anche lei.
Parlò con voce atona: “Dimmi, Ayanami, durante lo scontro con l’ultimo angelo, Asuka ha parlato di una promessa con te”.
“Sì”.
“Riguardava il prendersi cura di me nel caso le fosse successo qualcosa?”
“….sì”.
La guardò in faccia, l’estremità sinistra della sua bocca si piegò in quello che forse era un sorriso, e infine uscì dalla stanza.
Fu allora che il First Children sentì qualcosa di bagnato scenderle lungo una guancia, e se la toccò.
“Queste sono… lacrime?! Io sto piangendo?”

Il tragitto in macchina dalla base della Nerv fino al loro appartamento fu completamente silenzioso.
Shinji non disse nulla, stando sempre con lo sguardo basso, e d’altronde anche la sua tutrice non sapeva cosa dire.
Quando rincasarono, il ragazzo andò direttamente verso la sua camera: “Non intendo cenare”, avvertì prima di chiudere la porta.
Neanche Misato aveva fame, quindi anche lei andò in camera.
Pen Pen si limitò ad osservarli fugacemente un attimo prima di rifugiarsi nel suo piccolo frigorifero.

“Hai saputo del Second Children?”
Fuyutsuki, che osservava il geo-front dalla finestra dell’ufficio di Gendo, sapeva che era una domanda oziosa.
“Certo”, rispose Gendo, che era seduto davanti alla sua scrivania.
“E allora?”
“Allora niente”.
Kozo guardò perplesso il suo amico. “Dunque non intendi ricorrere a quella tecnica?”
“No. Di angeli ormai ne è rimasto solo uno e noi abbiamo a disposizione due Evangelion”.
“Ma un solo pilota”.
“Non è un problema”.
Il vice-comandante rimase ancora più perplesso, ma Gendo sembrò chiudersi in un mutismo assoluto.

Il giorno dopo, Misato andò a svegliare Shinji, anche se immaginava in realtà di trovarlo ben sveglio.
Del resto anche lei non aveva chiuso occhio, passando la notte a riflettere.
Ora si sentiva il corpo distrutto, però alla mente non importava.
Il maggiore della Nerv aprì la porta e trovò Shinji rannicchiato contro il muro, a testa bassa.
“Shinji?”
“Non intendo fare colazione. E non voglio neppure andare a scuola”.
“Domani… il corpo… verrà trasferito in Germania. Non vuoi darle l’ultimo saluto?”
“No”.
Il ragazzo aveva parlato con voce atona, nessun sentimento traspariva, sembrava un robot, e non aveva neanche sollevato la testa.
Misato pensò se fosse il caso di fare una prova: rivelargli la morte di Kaji.
Era consapevole di non avere prove, forse da qualche parte sperava ancora. E forse per questo non aveva osato controllare nei computer della Nerv, proprio grazie al codice che lui le aveva lasciato, per sincerarsene.
Però l’ultima discussione, l’ormai prolungato silenzio da parte di Rioji e il suo istinto di donna innamorata, glielo strillavano ai quattro venti.
“Mi lasci solo, per favore”, mormorò allora Shinji, che si alzò e si mise sul letto, dando le spalle a Misato.
“No, anche Kaji era una persona importante per lui, non posso dargli un altro dolore”, concluse lei chiudendo la porta.
Tuttavia la sua perplessità si faceva sempre più forte, perché era davvero troppo inquietante l’indifferenza di Shinji.
Troppo calmo, troppo inattivo, non era una reazione normale.
Certo, che soffrisse, si avvertiva. Però era una sofferenza troppo compassata da parte di uno che aveva perso la persona più cara.
Persino Misato, intuita la morte del suo amato, per giorni si era chiusa nella sua stanza tentando di annegare il dolore nella birra. E proprio per questo aveva meditato di confidarglielo, sperando in questo modo che Shinji capisse quanto la sua tutrice lo comprendesse in quel momento. Così magari si sarebbe sfogato con lei.
Ma non se l’era sentita, e ora poteva solo attendere l’evolversi di quella faccenda.
Tuttavia c’era un'altra questione che poteva cercare di risolvere, un dubbio che la assillava dalla sera precedente.
Qualcosa non quadrava nella morte di Asuka: non appena ricevuta la notizia, aveva subito chiesto al reparto servizi di sicurezza di fare rapporto, e le era stato consegnato mentre stava per lasciare la base.
Considerati poi gli ultimi avvenimenti, era andata a controllare anche nel computer del servizio di sicurezza.
Le due versioni coincidevano: da entrambe risultava che un vagabondo aveva aggredito Shinji e Asuka per tentare una rapina, colpendo a morte lei con un coltello. Subito dopo, l’assassino era stato freddato dagli agenti della Nerv.
Ovviamente, Misato sapeva che quegli agenti non erano infallibili e anche loro potevano venir colti di sorpresa.
Senza contare che nella mente di quel vagabondo poteva essere scattata chissà quale scintilla per colpire mortalmente, e senza dire una parola, una ragazza sconosciuta.
Quello che non convinceva il maggiore era la sua uccisione.
Perché l’avevano eliminato?
Non aveva armi da fuoco, solo un coltello, e ciascun agente di sicurezza della Nerv sarebbe capace da solo di disarmare a mani nude almeno cinque uomini armati di coltello.
Inoltre, dato che ormai aveva già colpito, la procedura avrebbe richiesto che fosse arrestato per gli interrogatori.
Adesso invece non sapevano nemmeno come si chiamasse, dato che non aveva documenti.
Come risolvere il problema?
Non certo rivolgendosi agli agenti di sicurezza, lei non aveva tale autorità su di loro e neanche ficcandogli una pistola in bocca li avrebbe convinti a parlare.
L’unica possibilità era quella di indagare sul vagabondo.
Sul rapporto c’era la foto del suo cadavere, il cadavere di un uomo sulla quarantina, con barba leggermente incolta e capelli lievemente lunghi, un viso abbastanza pulito.
Fu proprio quel viso, grazie al codice lasciatole da Kaji, che Misato prelevò dal database dei servizi di sicurezza per poi confrontarlo con le banche dati della Nerv e dell’intero Giappone, anche quelle protette.
Quell’operazione avrebbe richiesto solitamente giorni, ma potendo usare abusivamente i Magi, Misato ci avrebbe impiegato solo qualche ora.
Le venne un forte sbadiglio, la notte passata in bianco cominciò a farsi sentire, quindi abbassò lo schermo del suo computer portatile, si coricò per riposare un attimo gli occhi e invece si addormentò quasi di botto.
La mente era forte, ma anche il corpo voleva il suo tributo.

Ritsuko Akagi, seduta nel suo ufficio, stava ultimando via telefono i preparativi per il trasferimento della salma di Asuka in Germania.
Il corpo era chiuso in una bara metallica, che sarebbe stata imbragata e caricata su un aereo.
La porta si aprì e girandosi per vedere chi fosse, la scienziata non poté nascondere una leggera sorpresa alla vista del vice-comandante Fuyutsuki.
“Dottoressa”, esordì lui con un lieve inchino.
“Va bene, fate come vi ho detto”, disse Ritsuko terminando la telefonata per poi rivolgersi al suo superiore: “Posso fare qualcosa per lei?”
“Speravo che potesse rispondere ad una mia domanda”.
“Ovvero?”
“Lei sa cosa ha intenzione di fare il comandante Ikari?”
Ritsuko fece una strana smorfia. “Perché mi chiede questo? Che cosa è successo?”
“Poco fa mi ha congedato, ordinando di sostituirlo in tutte le funzioni di controllo. Si è pure chiuso nel suo ufficio, dicendo che non vuole essere disturbato”.
Alquanto sorpresa, la scienziata fece per prendere il telefono.
“Inutile, ha interrotto la linea in entrata. Può fare telefonate ma non riceverne”, la fermò Kozo.

Misato si ridestò leggermente, qualcuno la stava toccando sulle gambe scoperte, quasi picchiettando.
Era Pen Pen.
Capendo di averla svegliata, il pinguino cominciò ad agitare le ali freneticamente, pigolando con insistenza.
“Mph”, bofonchiò lei lottando ancora contro il sonno, “che succede, Pen Pen? Hai fame?”
Con occhio spento Misato guardò la sveglia che teneva affianco al futon.
Aveva dormito per tre ore.
Poi vide il suo portatile davanti a sé: lo schermo era alzato.
Un dettaglio che la fece scattare in piedi come se avesse preso la scossa.
Prese la pistola di ordinanza e cautamente uscì dalla stanza: la casa era deserta.
Pen Pen uscì dalla stanza e con ostinazione indicò prima l’ingresso e poi la stanza di Shinji.
“Shinji? Shinji, mi senti?”
La sua domanda non trovò risposta, quindi Misato entrò e vide la camera vuota.
Pen Pen ora indicava con insistenza solo la porta d’ingresso, e un orribile sospetto s’insinuò nella mente del maggiore.
Corse al portatile e lesse le informazioni, la ricerca sul vagabondo era terminata da circa dieci minuti e aveva dato esito positivo.
Positivo e sorprendente.
Misato impallidì, frettolosamente recuperò scarpe e giacca ed uscì, sotto lo sguardo del pinguino domestico.

Gendo Ikari sedeva nel suo ufficio, il silenzio era ancora più opprimente del solito, e sembrava concentrarsi sul comandante.
Lui era sempre stato un uomo capace con la sua espressione impenetrabile e l’aura di severa intransigenza, di attirare su di sé, come un magnete, la concentrazione dei rari visitatori.
Per questo, di solito, non si accorgevano del disegno posto sul soffitto di quell’immensa stanza: l’albero delle Sefirot.
Gendo per un attimo pose lo sguardo sul lungo rapporto che aveva sul tavolo.
Il rapporto dettagliato di tutto quello che era successo a suo figlio dal giorno dell’entrata nella Nerv.
Era stato redatto dagli uomini della sorveglianza e integrato con testimonianze prese, a loro insaputa, da coloro che erano più vicini al ragazzo.

“Andiamo! Andiamo!”
Con ansia crescente, Misato cercava di correre e insieme di reggere il cellulare.
Stava tentando di chiamare gli uomini del servizio di sicurezza, particolarmente quelli della piramide centrale.
Li avrebbe informati della situazione, specificando che per nessuna ragione al mondo avrebbero dovuto fare del male al ragazzo.

Gendo aveva passato tutta la mattinata a riflettere intensamente sugli eventi descritti nel rapporto.
Alzò gli occhi verso l’albero delle Sefirot: erano in dieci, più un’undicesima complementare.
Anche su quelle aveva riflettuto fortemente.
La prima era Malkut: il livello fisico, il più basso, da cui partono tutti.
Poi c’era Yesod, la verità dei fatti: Shinji doveva averla appresa quando scoprì, grazie all’indiscrezione della dottoressa Akagi, che Gendo teneva in modo particolare a Rei Ayanami.
Lo stesso Gendo doveva aver permesso a Shinji di raggiungere la terza Sefirot, Hod, lo splendore: lodandolo, gli aveva dato la possibilità di trovare con l’Eva una vera ragione di vita, rasserenando il suo animo.
Era invece responsabilità del maggiore Katsuragi, con i suoi complimenti, il raggiungimento della quarta Sefirot: Netzach, la vittoria, cosa che tuttavia lo aveva reso troppo precipitoso contro il 12° Angelo.

“Maledizione! Ma perché non rispondono!?”, sbottò Misato mentre i minuti passavano e il telefono squillava a vuoto.
Usando un numero criptato, decise di chiamare Makoto Hyuga.

A quel punto avrebbe dovuto arrivare la quinta Sefirot, Teferet, la compassione verso gli altri.
Però rivedendo lo schema degli eventi, si evidenziava che un elemento di disturbo era giunto: Mana Kirishima.
In base ad intercettazioni avvenute a scuola e al risultato di alcuni pedinamenti a grande distanza, la sua storia aveva risvegliato una sorta di lato oscuro in Shinji, una visione possessiva ed egocentrica di un'altra persona, che aveva offuscato la compassione, spingendo il giovane a sfruttare il Fourth Children per i suoi desideri egoistici.
Per ultimo, grazie alla confessione intercettata durante il ricovero del Second Children, si era scoperto che Shinji, sentendosi tradito, aveva rischiato sempre più di sprofondare nell’oscurità, desiderando la morte di Mana.
Questo però era stato evitato grazie all’esplodere improvviso della quinta Sefirot durante lo scontro col 13° Angelo: l’aver capito il suo sbaglio e il terribile senso di colpa dimostravano che Shinji sapeva preoccuparsi davvero per gli altri.

“Maggiore Katsuragi, cosa c’è?”, domandò Hyuga, già sul posto di lavoro ma sorpreso di ricevere una telefonata del suo superiore in un momento che pensava di lutto.
“Hyuga! Ti sto parlando da una linea criptata! Shinji è alla base?”
L’operatore della Nerv richiamò sul suo computer l’elenco che riportava chi e quando era entrato o uscito dal Geo-front servendosi delle security card da usare agli ingressi.
“Sì. E’ arrivato quattro minuti fa”.
“Ordina alle guardie di fermarlo, ma senza fargli del male!”
“Come?!”
“Quello che è successo ad Asuka, era un attentato!”

Il disturbo provocato da Kirishima era continuato: il senso di colpa per i sentimenti omicidi verso di lei e successivamente per averla sfruttata, avevano spinto Shinji Ikari in una direzione che gli aveva fatto raggiungere prematuramente la settima Sefirot, Chesed. Ovvero l’amore.
Ma così facendo era stata saltata una Sefirot.

Shigeru e Maya giunsero in quel momento sul ponte di comando e si accorsero subito di quanto fosse diventato bianco il loro collega Hyuga.
“Ho… ho capito, li informò subito!”, disse lui mettendo giù la cornetta.
“Che… che è successo?”, domandò Maya.
Hyuga non rispose e fece un numero di telefono.
“Dannazione! Perché le guardie della piramide non rispondono?!”
Prontamente Aoba attivò le telecamere in quel settore.
Vide qualcosa di davvero inquietante. “I corridoi… sono deserti. Le postazioni di guardia sono vuote!”
Si accorse di qualcuno che stava prendendo un ascensore.
“Shinji Ikari! Il Third Children sta salendo dal comandante”.
“Oh no! Diamo l’allarme!”
“Si può sapere una buona volta che succede?!”, chiese sempre più agitata Maya.
“L’uomo che ha ucciso Asuka”, spiegò Makoto, “non era un vagabondo. Era un architetto, Katsuhiro Kawasaki, ed era anche un malato terminale, con una famiglia da mantenere. L’hanno ingaggiato versando sul suo conto ben cinquanta milioni di yen!”
Shigeru e Maya non sembrarono capire.
O forse non volevano crederci.
Almeno fino a quando Hyuga non disse il nome del misterioso benefattore.

La sesta Sefirot saltata era G'vurah.
Tuttavia era come per le addizioni: anche cambiando l’ordine dei fattori, il risultato non mutava.
L’ingresso dell’ufficio si aprì.
Gendo vide entrare suo figlio, Shinji.
Il ragazzo lo fissava con occhi di ghiaccio.
Occhi che cominciarono a lacrimare: “Tu…”
Il comandante della Nerv non batté ciglio: “Si”, rispose con assoluta calma. “Io ho pagato quell’uomo affinché uccidesse Asuka Soryu Langley”.
Shinji da dietro la schiena tirò fuori un grosso coltello da cucina e corse verso il genitore.

Misato correva a perdifiato per i corridoi della piramide, mentre gli allarmi si attivavano.
Prese l’ascensore e salì nell’ufficio di Gendo Ikari.
Prima ancora di arrivare, sentì una specie di urlo continuo, dapprima indistinto, ma lancinante e straziante quando le porte si aprirono.
La donna sentì il cuore fermarsi per un attimo: vicina alla scrivania c’era Gendo Ikari.
Steso per terra, in un lago di sangue e con un coltello piantato nel ventre.
A gridare era Shinji.
Rannicchiato per terra con un’espressione stravolta e rigata da un pianto copioso.
Misato corse da lui e lo abbracciò.
“Shinji! Shinji, ti scongiuro! Calmati!”
Ma lui non ascoltava, gridava e basta.
Misato temette che fosse sull’orlo di una crisi nervosa.
“Perdonami!”, esclamò mentre lo colpì dietro il collo col taglio della mano, stordendolo.
Nell’ufficio calò un silenzio irreale.
“…F-forza… e… e rabbia…”, mormorò Gendo con un filo di voce e un’espressione soddisfatta.
Girò la testa di lato, restando poi immobile.
Con cautela Misato gli controllò il polso.
Batteva ancora.
Per un attimo, un lungo, lunghissimo attimo, Misato fu tentata di lasciarlo lì a morire dissanguato.
Oppure di dargli il colpo di grazia, magari usando il coltello ancora piantato nel suo corpo.
Ma fu solo un attimo.
Prese il telefono della scrivania e chiamò i soccorsi medici.
Non avrebbe permesso che Shinji diventasse un assassino per colpa di quell’uomo.
view post Posted: 12/7/2013, 14:03 Pacific rim - Movie/Tv Series
Il film infine è uscito. Qualcuno di voi andrà a vederlo?
view post Posted: 11/6/2013, 10:46 Finale manga - Manga
Io ho deciso che attenderò l'edizione italiana, voglio gustarmi (e martoriarmi un pò) l'attesa.
1221 replies since 17/9/2008